Cinzia Nitti

Ogni giorno la stessa routine. Sveglia, doccia, colazione, ti vesti di fretta, orologio, laptop e controlli per l’ultima volta la borsa. C’è tutto, si? Allora pronti, a lavoro.

Ma siamo davvero convinti sia tutto così semplice? Immaginate la vostra vita come una grande scatola colma di altri tanti piccoli scrigni custodi di pensieri, frasi martellanti, promemoria pesanti e suggerimenti spesso stupidi. Eccoli là, chiusi, stretti e acciaccati – pronti a esplodere nel momento meno opportuno. Dove? Dietro la scrivania, ovvio!

Esistono schemi sociali (senza dimenticare datori di lavoro o colleghi) che ci vogliono sempre impeccabili, efficienti, solerti, distaccati e precisi in ufficio. Più in generale si tratta di modelli comportamentali talmente radicati da determinare a priori l’esito negativo nel raggiungimento di un obiettivo. Qualche passo falso di seguito potrebbe addirittura costarci il posto.

Ma chi ha detto che le emozioni vanno riposte nel cassetto e lasciate lì a soffocare? Esse sono tutto quello che ci caratterizza in qualità di essere umani unici, lontani da modelli cinematografici riproducibili e tradotti in superdonne apparentemente anaffettive come Miranda Priestly o spietati manager come Lupo di Wall Street. Le emozioni ci rendono ciò che siamo e come agiamo in risposta a stimoli esterni e interiori, ricordi, situazioni, traumi, preoccupazioni, successi ed esperienze di vita che è umanamente impossibile lasciare al di fuori. Senza dimenticare le tensioni tra colleghi, la competizione, le scadenze, gli obiettivi: ulteriori fattori oggettivi che contribuiscono a fare dello stress emotivo un argomento che tiene banco senza soluzione apparente. Succede nelle grandi aziende di fissare target elevatissimi, forti e consapevoli di avere nel proprio team dipendenti con curriculum accademici brillanti, etiche lodevoli e schemi operativi impeccabili. Cosa accade quando si verifica una grande falla nel sistema e l’obiettivo per il quale si impiegano mesi di lavoro sfuma a causa del burnout emotivo di un membro del team?

Quale, dunque, il buon compromesso tra una performance lavorativa efficace e vincente, e la gestione della parte più intima di sé e delle relazioni sul posto di lavoro?

Un approccio positivo alla gestione delle emozioni non è dato esclusivamente dallo sviluppo della Intelligenza Emotiva di cui Solovay e Mayer hanno tracciato lineamenti, sviluppo e peculiarità nella storia delle neuroscienze recente. La fonte reale e concreta dalla quale scaturisce l’equilibrio funzionale ai fini di una performance competente, positiva e di successo, risiede nel bilanciamento delle emozioni mitigandone gli aspetti più impattanti e la consapevolezza di Sè nell’applicazione delle proprie competenze tecniche e settoriali.

Se ben gestite quindi, le emozioni possono diventare una competenza; al tempo stesso se ben applicate, anche le hard skills risultano funzionali alla riuscita di un progetto.

Il “contenimento” delle emozioni pertanto non è da considerarsi negativo nella trasformazione di una condizione inizialmente sconveniente. Al contrario, se espresso e tradotto in azione ponderata ed efficace può addirittura sortire un risultato insperato. Spesso il motivo per il quale in molti non riescono ad esternare il proprio potenziale, risiede nel fatto che ci si precluda ogni possibilità di dare voce alla propria interiorità in ufficio.

“Ci fu un lungo periodo in cui la gerarchia aziendale era dominata da dirigenti che incarnavano il tipo di capo manipolativo, un’epoca in cui era premiato lo stile da guerriero della giungla. Ma negli anni Ottanta, quella rigida gerarchia cominciò a perder colpi sotto la doppia pressione della globalizzazione e della tecnologia dell’informazione. Il guerriero della giungla simbolizza il passato delle aziende; il virtuoso delle capacità interpersonali rappresenta il loro futuro.” – Daniel Goleman

Ogni azienda dovrebbe considerare l’attivazione di un programma di “Gestione Emozionale” ai fini di rendere l’ambiente lavorativo più “human-oriented”. Un team vincente coniuga competenza cognitiva ed emotiva senza mai reprimere ciò che muove il singolo ad essere quello che naturalmente è: un Creativo Emotivo in attesa di esternare appieno tutto il meglio che ha da offrire alla causa aziendale.